Dard. Robert Sarah
235. Dopo la riforma di Paolo VI e, nonostante la volontà di questo grande Papa, c’è talvolta nella liturgia un’aria di familiarità fuori posto e rumorosa. Con il pretesto di cercare di rendere l’accesso a Dio facile e abbordabile, alcuni hanno voluto che tutto, nella liturgia, sia immediatamente intelligibile.
Questa intenzione egalitaria può sembrare lodevole. Ma riducendo in questo modo il mistero sacro a semplici buoni sentimenti, impediamo ai fedeli di avvicinarsi al vero Dio. Con il pretesto della pedagogia, ci sono sacerdoti che si prendono la libertà di fare commenti interminabili, piatti e orizzontali. Questi pastori hanno paura che il silenzio davanti all’Altissimo crei sconcerto nei fedeli. Tuttavia, in Orientale lumen, San Giovanni Paolo II ci mette in guardia: «Anzi, i cristiani d’Oriente si rivolgono a Dio come Padre, Figlio, Spirito Santo, Persone vive, teneramente presenti, alle Quali esprimono una dossologia liturgica solenne e umile, maestosa e semplice. Essi però percepiscono che a Questa Presenza ci si avvicina soprattutto lasciandosi educare ad un silenzio adorante, perché al culmine della conoscenza e dell’esperienza di Dio sta la Sua assoluta trascendenza».