Dard. Robert Sarah
262. Nel Messale del 1969, il silenzio […] diventa una vera e propria prescri-zione rivolta ai fedeli per la preghiera eucaristica, in cui «il popolo si associ al sacerdote con fede e silenzio». Si ritrova la possibilità di stare in silenzio dopo la Santa Comunione […].
263 […] Sfortunatamente, troppo spesso abbiamo dimenticato che il Concilio pone anche nell’actuosa participatio il silenzio, che favorisce una partecipazione veramente profonda e personale, permettendoci di ascoltare interiormente la parola del Signore. Di questo silenzio, però, non c’è più traccia in certi riti. Al di fuori dell’omelia bisogna bandire ogni discorso o presentazione di persone durante la Santa Messa.
264. Ai nostri giorni, ho spesso l’impressione che il culto cattolico sia passato dall’adorazione di Dio all’esibizione del sacerdote, dei ministri e dei fedeli. La pietà è stata abolita, ivi compresa la parola stessa. È stata liquidata da liturgisti che l’hanno qualificata come bigotteria, anche se loro stessi poi imponevano al popolo di subire le loro sperimentazioni liturgiche […].Sono riusciti ad imporre gli applausi, anche durante i funerali, al posto del cordoglio, che normalmente si esprime nelle lacrime: non ha forse Cristo pianto quando Lazzaro è morto? Quando irrompono gli applausi nella liturgia è un segno sicuro che la Chiesa ha perduto l’essenza del sacro.
265. Vorrei fare un appello a una vera conversione! Cerchiamo con tutto il nostro cuore di diventare in ciascuna delle nostre Sante Messe «un’Ostia pura, un’Ostia santa, un’Ostia immacolata!». Non dobbiamo aver paura del silenzio liturgico. Come mi piacerebbe che i pastori e i fedeli entrassero con gioia in questo silenzio pieno di sacro rispetto e di amore del Dio indicibile. Come mi piacerebbe che le chiese fossero luoghi in cui regna il grande silenzio che annuncia e rivela la Presenza adorata di Dio. Come mi piacerebbe che i cristiani, nella Liturgia, potessero fare l’esperienza della forza del silenzio!Bisogna sforzarsi di comprendere le motivazioni teologiche della disciplina liturgica sul silenzio. Penso che due autori particolarmentre qualificati possano aiutarci in questo ambito, e farci comprendere che, nel silenzio, la Liturgia perde una parte essenziale e necessaria. In primo luogo, vorrei citare Mons. Guido Marini, Maestro delle cerimonie Pontificie. In La Liturgia: gloria di Dio, santificazione dell’uomo, parla del silenzio in questi termini: «Una liturgia bene celebrata, in diverse sue parti, prevede una felice alternanza di silenzio e parola, dove il silenzio anima la parola, permette alla voce di risuonare con straordinaria profondità, mantiene ogni espressione vocale nel giusto clima del raccoglimento. […] Il silenzio richiesto […] non è da considerarsi alla stregua di una pausa tra un momento celebrativo e il successivo. È da considerarsi piuttosto come un vero e proprio momento rituale, complementare alla parola, alla preghiera vocale, al canto, al gesto…». (pagg. 161-164 passim)