AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI CHE HANNO PACE E COMUNIONE CON LA SEDE APOSTOLICA: SUL SACERDOZIO CATTOLICO.
La collaborazione della famiglia.
Ma il primo e più naturale giardino, dove devono quasi spontaneamente germinare e sbocciare i fiori del santuario, è sempre la famiglia veramente e profondamente cristiana. La maggior parte dei Santi Vescovi e Sacerdoti, "le cui lodi celebra la Chiesa", devono l'inizio della loro vocazione e della loro santità agli esempi ed insegnamenti di un padre pieno di fede e di maschia virtù, di una madre casta e pia, di una famiglia in cui regnava sovrana con la purezza dei costumi la carità di Dio e del prossimo.
Le eccezioni a questa regola di ordinaria provvidenza sono rare e non fanno che confermare la regola stessa. Quando in una famiglia i genitori, ad esempio di Tobia e di Sara, domandano a Dio una numerosa posterità "nella quale venga benedetto in eterno il Nome del Signore", e la ricevono con gratitudine come dono celeste e come prezioso deposito, e si sforzano di instillare ai figli fin dai primi anni il santo timor di Dio, la cristiana pietà, una tenera devozione a Gesù Sacramentato e alla Vergine Immacolata, il rispetto e la venerazione per i luoghi e le persone sacre;
- quando i figli vedono nei genitori il modello di una vita onesta, laboriosa e pia;
- quando li vedono amarsi santamente nel Signore, li scorgono spesso accostarsi ai Santi Sacramenti, obbedire non solo alle leggi della Chiesa circa l'astinenza e il digiuno, ma anche allo spirito della cristiana mortificazione volontaria;
- quando li vedono pregare anche in casa, riunendo intorno a sé tutta la famiglia perché la comune prece s'innalzi più gradita al cielo;
- quando li sanno compassionevoli alle miserie altrui e li vedono dividere coi poveri il molto o il poco che posseggono,
è ben difficile che, mentre tutti cercheranno di emulare gli esempi paterni, qualcuno almeno di tali figli non senta nell'animo suo l'invito del divino Maestro: "Vieni dietro a Me" e "Io ti farò diventare pescatore di uomini".
Fortunati quei genitori cristiani, i quali, anche se di queste divine visite, di queste divine chiamate rivolte ai loro figli, non fanno l'oggetto delle loro più fervide preghiere, come più spesso di oggi avveniva in tempi di maggior fede, almeno non ne hanno paura, e sanno scorgere in esse un insigne onore, una grazia di predilezione e di elezione del Signore per la loro famiglia!
Si deve invece purtroppo confessare che spesso, troppo spesso, i genitori, anche quelli che si gloriano di essere sinceramente cristiani e cattolici, specialmente nelle classi più elevate e più colte della società, sembra che non sappiano rassegnarsi alla vocazione sacerdotale e religiosa dei loro figli, e non si fanno scrupolo di combattere la divina chiamata con ogni sorta di argomenti, anche con mezzi che possono mettere a repentaglio non la sola vocazione ad uno stato più perfetto, ma la coscienza stessa e l'eterna salute di quelle anime che pur dovrebbero essere loro così care.
Il qual deplorevole abuso, come quello già malamente invalso nei secoli passati di costringere invece i figli allo stato ecclesiastico anche senza alcuna vocazione né idoneità, non torna certo ad onore di quelle stesse classi sociali più alte, che ora sono così poco rappresentate, generalmente parlando, nelle file del clero: poiché, se le dissipazioni della vita moderna, le seduzioni che, specie nelle grandi città, eccitano precocemente le passioni giovanili, le scuole, in molte regioni così poco favorevoli allo sviluppo di simili vocazioni, sono in molta parte causa e triste spiegazione della scarsità di esse in tali famiglie agiate e signorili, non si può negare che ciò arguisce anche una lacrimevole diminuzione di fede nelle famiglie stesse.
Difatti, se si guardassero le cose al lume della fede, quale più alta dignità potrebbero i genitori cristiani desiderare per i loro figli, quale ministero più nobile di quello che, come abbiamo detto, è degno della venerazione degli uomini e degli Angeli? Una lunga e dolorosa esperienza poi insegna che una vocazione tradita (non si creda troppo severa la parola) è fonte di lacrime non solo per i figli, ma anche per gli sconsigliati genitori; e Dio non voglia che tali lacrime siano troppo tardive, da diventare lacrime eterne.