Card. Robert Sarah
Nella fede cattolica, la trascendenza è espressa e simboleggiata dall’altare. Che cosa significa? Nel suo libro sulla Santa Messa, Il testamento di Gesù, Romano Guardini lo spiega in modo mirabile: «Vi possiamo distinguere subito due elementi: la soglia (balaustra) e la mensa. La soglia importa, a sua volta, questi altri elementi: passaggio e limite.
Limite: dove qualche cosa cessa e qualche cosa s’inizia. Fino alla soglia dell’altare corre – per così dire – il primo spazio della chiesa, la sua prima parte; oltre la soglia, l’altra parte del santuario. Lo stesso limite poi che segna il termine al primitivo spazio del luogo sacro, rende possibile il passaggio al nuovo. Come soglia o elemento di divisione, l’altare induce anzitutto un confine: confine tra lo spazio riservato ai fedeli e lo spazio sacro per eccellenza, di Dio; in altri termini, tra lo spazio accessibile e lo spazio inaccessibile all’uomo, proprio del Santo.
Sotto questo aspetto l’altare richiama alla nostra coscienza l’inaccessibile dove abita Iddio, per così dire l’isolamento di Dio. Si può dire: “Dio sta al di là della soglia” per denotare la distanza di Dio. In un senso immediato, corporeo, empirico, le due espressioni non vanno: bisogna intenderle spiritualmente. Esse vogliono significare che Dio è incomprensibile, sottratto ad ogni nostra possibilità di accedere, di toccare, di tendervi: Egli solo l’Onnipotente; Egli solo l’Altissimo, infinitamente al di sopra di ogni cosa creata. Ciò che fonda questa distanza e quest’altezza non sono dunque le misure, ma la stessa natura di Dio, la Sua santità, alla quale, da parte dell’umano, non vi è nessuna via.
D’altro lato, non si deve neppure intendere tutto solo spiritualmente, vale a dire a mo’ di pensiero. In liturgia tutto è simbolo. L’altare non è un’allegoria, ma un simbolo. Che esso è limite, che l’Altissimo dimora oltre la soglia, che al di là della soglia è la distanza di Dio, tutto questo non sale alla mente del fedele in virtù di una convenzione divenuta consuetudine, ma perché così realmente l’occhio suggerisce. Uno spirito raccolto e vigile coglie immediatamente, nel simbolo, il mistero recondito, e il suo cuore è subito compreso di venerazione.
Se l’ora e la scena sono molto vive, esso giungerà anche a sperimentare qualche cosa di ciò che ebbe a sperimentare Mosè nella solitudine del monte Horeb, allorché, mentre pascolava il gregge, “l’angelo del Signore (gli apparì) in una fiamma di fuoco, di mezzo al roveto. Mirava egli: ed ecco il roveto ardere nel fuoco e non consumarsi. E disse Mosè: - Voglio farmi da parte al fin di vedere questo grande spettacolo, come mai il roveto non si bruci. – E come il Signore vide che egli si tirava da parte per vedere, lo chiamò di mezzo al roveto, dicendo: - Mosè, Mosè - . E questi: - Eccomi -. Ed egli: - Non ti accostare qua; càvati dai piedi i calzari, perché il luogo dove tu stai è terra santa –“ (Es 3,1-5)».
Riusciamo a comprendere davvero che cosa rappresenti l’altare? Il sacerdote che vi sale si rende conto di trovarsi davanti al roveto ardente, davanti alla maestà e alla trascendenza divine? Si rende conto che la cristianità nasce tutta dall’altare come da una sorgente? L’altare è il cuore delle nostre città. Le nostre città sono state letteralmente costruite attorno all’altare, accoccolate attorno alla chiesa che le protegge. La perdita del senso della grandezza di Dio è una spaventosa regressione verso la barbarie. Il senso del sacro è, infatti, il cuore di ogni civiltà umana. La presenza di una realtà sacra genera sentimenti di rispetto, atti di venerazione. I riti religiosi sono la matrice di tutti gli atti di gentilezza e cortesia dell’uomo.
Di fatto, se ogni uomo è degno di rispetto, è perché fondamentalmente egli è a immagine e somiglianza di Dio. Ma se non tremiamo più di un timore gioioso e reverenziale al cospetto della grandezza di Dio, come potrebbe essere l’uomo per noi un mistero degno di rispetto? Egli non ha più questa nobiltà divina. Diventa una merce, un oggetto da laboratorio. Senza il senso dell’adorazione di Dio, i rapporti umani si colorano di volgarità e di aggressività. Più saremo deferenti davanti a Dio sull’altare, più saremo delicati e cortesi con i nostri fratelli.