Si fa sera e il giorno ormai volge al declino

Card. Robert Sarah

La crisi si manifesta anche a livello dei rapporti tra le due fonti che trasmettono l’unica Rivelazione divina, ossia la Sacra Scrittura e la Tradizione, dunque la Bibbia e la Chiesa che dona ciò che ha ricevuto dal Signore.

Sotto l’influsso del protestantesimo e del suo principio fondamentale del sola Scriptura – solo la Scrittura, senza il Magistero – gli esegeti cattolici hanno privilegiato un’interpretazione definita «sapiente» della Bibbia, congestionata da un insieme di ipotesi di lavoro, di pregiudizi filosofici, scientisti o hegeliani, a detrimento della lettura patristica e tradizionale, quella che ha generato i Santi, gli unici uomini ad aver compreso il senso profondo della Scrittura.

Da ultimo, essa viene ormai considerata come un insieme di documenti antichi, appassionanti, certo, ma comunque privi di valore soprannaturale, e la cui comprensione non è più possibile se non unicamente agli specialisti.

 

Ora, la Tradizione è il criterio principale in materia di fede. Ogni cattolico deve avere l’audacia di credere che la propria fede, in comunione con quella della Chiesa, sia al di sopra di qualunque nuovo insegnamento da parte di esperti e di intellettuali. Ci si può chiedere a buon diritto quale sia lo scopo e l’interesse spirituale di volere separare la Tradizione e la parola di Dio.

 

 

La costituzione dogmatica Dei Verbum aveva solennemente proclamato la connessione essenziale tra il Magistero e la parola di Dio: «È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che nessuna di queste realtà sussiste senza le altre, e tutte insieme, ciascuna a modo proprio, sotto l’azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime». Prosegue poi in modo ancor più esplicito affermando che «la sacra Tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa». Il Concilio sottolinea così che la parola di Dio non può sussistere senza il Magistero della Chiesa, dato che alla Chiesa è affidato «il sacro deposito della parola di Dio», e nella Chiesa, solo il «Magistero vivo» ha la funzione e l’incarico di interpretare con una specifica autorità ricevuta da Cristo la parola di Dio che si trova nelle Sacre Scritture e nella Tradizione. Naturalmente, il Magistero «non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso», ossia la stessa parola di Dio contenuta nel sacro deposito della fede affidato alla Chiesa.

 

Oggi, si corre il grande pericolo di ritenere che la santa Tradizione possa essere superata da un cambiamento del Magistero. Si sostiene che le verità trasmesse dalla Chiesa debbano essere rilette nel loro contesto e si approfitta per reclamare dal Magistero alcuni cambiamenti. Di fronte a questo pericolo, il Concilio ci ricorda fermamente che la Tradizione è la stessa parola di Dio, e che, se tenta di farne astrazione, il Magistero non può più sussistere. Il Magistero autentico non potrà mai rompere con la Tradizione e con la parola di Dio. Ne siamo certi in virtù della nostra fede nella Chiesa.