Si fa sera e il giorno ormai volge al declino

Card. Robert Sarah

Ho assistito nella Chiesa a molte riforme istituzionali. Si creano spesso commissioni e consigli di ogni tipo. Abbiamo riscontrato molti risultati? Non si corregge un pessimo libro sostituendone la rilegatura o la carta. «I veri credenti non danno mai eccessivo peso alla lotta per la riorganizzazione delle forme ecclesiali. Essi vivono di ciò che la Chiesa è sempre. E se si vuole sapere che cosa realmente sia la Chiesa, bisogna andare da loro. La Chiesa, infatti, non è per lo più là dove si organizza, si riforma, si dirige, bensì è presente in coloro che credono con semplicità, ricevendo in essa il dono della fede che diviene per loro fonte di vita. Solo chi ha sperimentato come la Chiesa, al di là del mutare dei suoi servitori e delle sue forme, dia coraggio alle persone, offrendo loro una patria e una speranza, una patria che è speranza, vale a dire una vita che conduce alla vita eterna, solo costui sa che cosa sia la Chiesa, in passato e anche oggi» (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo).

 

Urge ritrovare uno sguardo di fede su tante cose. Nell’accanirsi nella riforma delle istituzioni, si alimenta l’illusione per la quale l’importante è ciò che facciamo, la nostra azione umana, che consideriamo l’unica efficace. Questo tipo di riforma non fa altro che spostare il problema. Credo che sia essenziale e urgente discernere la vera natura della crisi e prendere coscienza che il male non si trova soltanto nelle istituzioni ecclesiastiche. Le modifiche apportate all’organizzazione non potranno risanare le mentalità, i sentimenti e i costumi. Che cos’è una riforma nel vero senso del termine? Si tratta di una riformazione. Un ritorno alla forma pura, quella che sgorga dalle mani di Dio. La vera riforma della Chiesa consiste nel lasciarsi nuovamente plasmare da Dio: «Riforma vera non significa tanto arrabattarci per erigere nuove facciate, ma riforma vera è darci da fare per far sparire nella maggiore misura possibile ciò che è nostro, così che meglio appaia ciò che è Suo, del Cristo. È una verità che ben conobbero i Santi: i quali, infatti, riformarono in profondo la Chiesa non predisponendo piani per nuove strutture ma riformando sé stessi. L’ho già detto, ma non lo si ripeterà mai abbastanza: è di santità, non di management che ha bisogno la Chiesa per rispondere ai bisogni dell’uomo» (J. Ratzinger, Rapporto sulla fede).

 

Si devono trovare i mezzi concreti per non ostacolare più l’azione divina. Finché, però, le nostre anime saranno tiepide, qualunque mezzo risulterà vano. L’abitudine rappresenta una terribile minaccia. Indurisce. Rende ciechi. Rende sordi a qualunque appello. Sbarra porte e finestre rendendole impenetrabili alla luce divina. Impedisce di comprendere gli errori che si sono commessi. Impedisce di reagire, di correggersi, di convertirsi e di progredire. Impedisce soprattutto di andare controcorrente. Non si possono realizzare grandi imprese con uomini abitudinari che hanno acconsentito per sempre alla mediocrità. Con i tiepidi e gli smidollati non si può realizzare nulla di consistente. La tiepidezza conduce alla vigliaccheria e al tradimento. Il Signore è privo di misericordia con chi è tiepido: «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,15-16).