Card. Robert Sarah
È fondamentale leggere e comprendere la conferenza pronunciata nel 1970 a Monaco da Joseph Ratzinger, intitolata Perché sono ancora nella Chiesa?: «La prospettiva del presente ha trasformato il nostro sguardo sulla Chiesa in modo tale che oggi in pratica la vediamo solo sotto l’aspetto della fattibilità, chiedendoci cosa possiamo fare di essa. Il grande sforzo di riforma interno alla Chiesa ha infine fatto dimenticare tutto il resto; essa è per noi oggi soltanto una struttura, che si può trasformare e che ci porta a chiederci cosa si debba cambiare in essa per renderla “più efficiente” per i singoli scopi che ognuno le attribuisce.
Nel porsi questa domanda, il concetto di riforma è ampiamente degenerato nella coscienza comune ed è stato privato del suo nucleo centrale. Infatti, la riforma, nel suo significato originario, è un processo spirituale molto vicino alla conversione e in questo senso fa parte del cuore del fenomeno cristiano; soltanto attraverso la conversione si diventa cristiani, e questo è valido per tutta la vita del singolo e per tutta la storia della Chiesa. Anche essa continua a vivere convertendosi sempre nuovamente al Signore, tenendosi lontana dall’irrigidimento in sé stessa e in quella semplice e cara abitudine che è così facilmente contraria alla verità.
Ma se la riforma viene allontanata da questo contesto, dallo sforzo della conversione e se ci si aspetta la salvezza solo dal cambiamento degli altri, da forme e adattamenti al tempo sempre nuovi, forse si può raggiungere qualche risultato – ma nel complesso la riforma diventa una caricatura di sé stessa. Una simile riforma, in fin dei conti, può portare solo a ciò che è irrilevante, che è di second’ordine nella Chiesa; non c’è da meravigliarsi che alla fine la Chiesa stessa le sembri qualcosa di secondario».
Penso che siamo ormai giunti a una svolta nella storia della Chiesa. Abbiamo davanti a noi una duplice prospettiva. Possiamo continuare a pretendere di salvare la Chiesa con le nostre ristrutturazioni che non fanno altro che aggiungere oneri troppo umani alla sua essenza divina, oppure possiamo decidere di lasciarci salvare dalla Chiesa, o piuttosto da Dio Che agisce in essa, e in tal caso riusciremo a trovare i mezzi per la nostra conversione. Ci troviamo forse alla vigilia di una grande riforma della Chiesa, come la riforma gregoriana dell’XI secolo, o quella del Concilio di Trento del XVI secolo. Gli storici interpretano questi momenti della vita della Chiesa come cambiamenti strutturali. Credo che in realtà siano i Santi a cambiare le cose e a mandare avanti la storia. Le strutture vengono dopo, non fanno altro che perpetuare l’azione dei Santi.
Scriveva Bernanos in Frère Martin: «Chi pretende di riformare la Chiesa come si riforma una società temporale, non solo fallisce nella sua impresa, ma finisce inesorabilmente per ritrovarsi al di fuori della Chiesa. I vizi della Chiesa si riformano solo ricorrendo all’esempio delle sue virtù più eroiche. San Francesco non è forse inorridito meno di Lutero per la dissolutezza e la simonia dei sacerdoti. Ne ha sofferto anzi ancor più intensamente, perché la sua natura era ben diversa da quella del monaco di Weimer. Egli, però, non ha sfidato l’iniquità, ma si è gettato nella povertà.