Card. Robert Sarah
Bisognerebbe che il vangelo permeasse totalmente la nostra vita e che il nostro primo impulso, la nostra preoccupazione essenziale, fosse rivolto alla nostra santificazione. Occorrerebbe essere completamente rapiti da Gesù come lo era Sant’Agostino.
Agli albori del cristianesimo, i vescovi vivevano circondati dai loro preti. Lavoravano e pregavano insieme. Ci è ben nota la vita comunitaria del vescovo di Ippona. Quando diventa vescovo, Agostino abitava in quella città da sei anni e ha già familiarità con il quartiere cristiano, in particolare con l’insula, che raggruppa le strutture destinate al culto. All’epoca a Ippona c’erano due basiliche: quella antica, o basilica Leontina, nella quale Agostino era stato nominato chierico per acclamazione della folla; e quella nuova, o basilica della Pace, nella quale si tenne nel 393 il Concilio dei vescovi. In quest’ultima Agostino predica abitualmente. L’insula contiene anche l’alloggio del vescovo e del clero. In un suo discorso Agostino spiega il motivo della presenza presso di lui di due comunità, di laici e di chierici…
«Giunsi poi all’episcopato. E lì mi resi conto che il vescovo è tenuto ad usare ospitalità a coloro che lo vengono a trovare, o che sono di passaggio. Se il vescovo non lo facesse, apparirebbe non umano. E in un monastero non sarebbe conveniente introdurre una tale consuetudine, perciò io volli avere con me, in questa stessa sede vescovile, un monastero di chierici». Questo modello si fonda anzitutto su una comune vita spirituale. Il vescovo e il suo seguito assistono insieme agli Uffici e alla Santa Messa. Non si tratta di una vita ritirata dal mondo.
La preghiera e la vita comunitaria sono mezzi per rafforzare i nostri rapporti personali con Dio, per poi partire ad annunciare Cristo. La perseveranza nella preghiera si nutre spesso dell’aiuto reciproco. Le parole delle Sacre Scritture sono luminose: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). La vita in comune potrebbe corroborare il nostro coraggio proprio come ha stimolato Agostino a predicare, a denunciare, a correggere, a edificare e, nello stesso tempo, a rispondere alle esigenze del Vangelo. È un compito difficile, un onere gravoso, e richiede uno sforzo notevole. È importante avere momenti di silenzio, di studio, di attività, di svago, e momenti in cui sostare davanti a Dio per amarLo intensamente.
Se la Chiesa riuscirà a ritrovare questa vita di comunione, la sua testimonianza risulterà più edificante e la sua luce più luminosa. Tale modello potrebbe valere anche per le curie, ma implicherebbe una conversione radicale e una maggiore coscienza di operare per il Regno di Dio.
Spesso si dice che si desidera una maggiore collegialità nella Chiesa. Ma qual è il modello di questa collegialità se non gli Apostoli, che insieme erano perseveranti nella preghiera e avevano un cuor solo e un’anima sola? Per favorire tale collegialità spesso si creano istituzioni, consigli o commissioni. Perché non prendere come modello gli Apostoli? Iniziamo a pregare insieme, assidui all’Ufficio divino. Questa è la vera sorgente della carità e dell’unità.