(Candido n° 25, del 22.6.1946).
Il segretario della Morte guardò nel registro e disse: «Signora, tocca a Geremia Pi». «Va bene» rispose la Morte prendendo la falce. «Vado subito. Di che partito è?». Il segretario le spiegò a che partito fosse iscritto Geremia Pi e allora la Morte scosse il capo e rimise giù la falce. «Bisogna andarci cauti – borbottò – lo prenderò a tradimento». La Morte s’informò, poi, quando fu il momento, si travestì da bella signora e andò alla stazione.
Allorché arrivò Geremia Pi, lo seguì cautamente e si infilò nel suo scompartimento. Geremia Pi, per quanto uomo di austeri costumi, aveva un debole per le belle donne e non ebbe nessuna difficoltà ad attacar discorso con la Morte che, così florida e con quelle guance color di pesca, avrebbe fatto sussultare di desiderio un morto. Parlarono di cose molto piacevoli e la Morte intanto architettava il suo piano.
Mentre Geremia Pi era occupato a cavare qualcosa dalla valigia sopra la reticella, la Morte giudicò arrivata l'ora di agire e con estrema cautela girò la maniglia dello sportello. “Adesso lo sistemo” disse fra sé. E così, poco dopo, con estrema naturalezza pregò Geremia Pi di sporgersi un momento dal finestrino per guardare quale stazione fosse passata. “Lo sportello si apre, io gli do una spintarella ed ecco sistemato Geremia Pi” ridacchiò la Morte. Geremia si prestò ben volentieri al gioco, ma prima si assicurò che lo sportello fosse chiuso.
E quando vide che la maniglia era girata disse gravemente: «Vede signora? Non bisogna mai fidarsi di nessuno, neppure di se stessi. Stolto è l'uomo che si fida troppo di sé: io ero sicuro di aver chiuso lo sportello e invece, guardi, è aperto!». La Morte architettò subito un altro piano. Alla prima stazione comprò dei cioccolatini e, con mossa abilissima, mise in mezzo a essi un cioccolatino avvelenato. Poi divise in due mucchietti i cioccolatini e porse il mucchietto col cioccolatino avvelenato a Geremia Pi. «Viva il comunismo! – disse la Morte celiando civettuola. – Dividiamo le nostre ricchezze a metà!». Ma Geremia protestò. «Se ha da essere comunismo sia comunismo sul serio, signora! Io non permetterò mai che a lei tocchino sei cioccolatini e a me sette! La Morte lo avrebbe ammazzato: quello aveva non due ma duecento occhi! Ad ogni modo sostenne il gioco con disinvoltura. «Sta bene, dividiamo il cioccolatino a metà». «Dividere a metà un cioccolatino col liquore? – protestò Geremia. – Mai. Piuttosto faremo così: testa per voi croce per me».
Trasse una moneta e la gettò in aria e la moneta diede testa. Perciò con bel garbo Geremia prese così a caso un cioccolatino del suo mucchietto, lo liberò rapidamente dalla stagnola e lo appressò alle rosse labbra della Morte. «Anche nel comunismo bisogna tener conto del fattore fortuna» concluse Geremia Pi, rimettendo nel taschino la moneta. E la Morte disse che aveva ragione poi cominciò subito a lamentarsi e a sputare perché, guarda il caso, le era capitato proprio il cioccolatino avvelenato. Geremia si diede da fare per aiutarla e così facendo non perse l'occasione per saggiare con mano molto riguardosa le prosperose grazie della compagna di scompartimento la quale, naturalmente, stava male più per la rabbia che per il dolor di stomaco.
Scesero a una stazione dove avrebbero dovuto aspettare sei ore perché la coincidenza era già partita e qui la Morte architettò il piano fatale. “Quest'uomo” disse tra sé “in condizioni normali è troppo accorto per lasciarsi cogliere. Bisogna sabotarlo”. «Farei volentieri una passeggiata in città» disse vezzosamente la Morte. E Geremia Pi, galantissimo, le si affiancò. Trovarono alla periferia un piccolo caffè molto solitario e molto equivoco, nel quale però si poteva bere del whisky meraviglioso. La Morte si finse più ebbra di quanto non fosse (un po' lo era in quanto di whisky ne aveva tracannato parecchio e il whisky è quella tal faccenda che fa risuscitare i morti) e si comportò in modo che Geremia ne bevesse una quantità enorme. Poi oppose debolissima resistenza quando Geremia le comunicò il desiderio di salire al piano superiore dove, diceva, c'era una stanza con decorazioni interessantissime. Siccome la stanzetta era corredata di un comodo divano, rimasero a studiare le decorazioni circa cinque ore, e così fecero poi appena in tempo a infilarsi nel treno in partenza per Milano.
Il povero Geremia, giunto nello scompartimento, crollò miseramente e la Morte rimirò soddisfatta il suo capolavoro di sabotaggio. Chiuse accuratamente il finestrino e la porta perché l'aria calda completasse l'opera dell'alcool e della contemplazione delle decorazioni, quindi guardò l'orologio. “Fra un'ora siamo a Milano e arriviamo col buio. Lo sistemerò facilmente in stazione. Sarà uno scherzetto aver ragione di questo imbecille. Sì, simpatico come uomo, ma imbecille”. Giunti alla stazione di Milano, la Morte studiò fulmineamente il suo piano. Svegliò Geremia di soprassalto, e quello si alzò barcollando.
Gli mise in mano la sua valigia. «Presto – gli disse con voce concitata – mi accompagni al binario numero sette se no perdo il treno!». Era un piano diabolicamente preciso, calcolato fino al millesimo di secondo: nell'attraversare il binario Geremia Pi avrebbe inciampato nel piede della Morte e sarebbe finito sotto l'ultimo vagone di quel treno che faceva manovra. «Presto!» gridò la Morte e si trascinò dietro l'imbambolato Geremia. Giunti in mezzo al binario la Morte allungò il piede sogghignando: «Va' all'inferno!». Un urlo disumano.
Cigolìo di freni, gente che accorre. «Cos'è successo?» domandò un ometto a un ferroviere. «Una signora è stata stritolata dal treno!» rispose il ferroviere. «Poveretta!» disse l'ometto scuotendo il capo. E si avviò verso l'uscita col suo valigione. Quando fu nell'atrio ebbe un dubbio: “La valigia la porto all'ufficio oggetti smarriti e ritrovati o la tengo io?”. Decise di affidarsi alla sorte: “Testa la tengo, croce la consegno”. Buttò la moneta e siccome venne testa perché si trattava di una moneta che aveva impressa una testa da ambo le facce, Geremia Pi si tenne la valigia. E, da buon democristiano, ringraziò Iddio di averlo salvato dalla Morte.