Paga, paga, Giovannino

Candido n° 26, del 29.6.1946

Margherita stava leggendo il giornale.

— Il premio della repubblica! - esclamò agitatissima porgendomi il foglio. - Hanno la sfacciataggine di imporre anche un premio della repubblica!

— E una semplice proposta — dissi io. - Niente di ufficiale.

— Giovannino! - gridò Margherita. — Guardami negli occhi! Io la guardai negli occhi e mi risultò facile perché gli occhi di Margherita sono soltanto due e piantati sempre al solito posto e quindi trovarli non è mai difficile: inoltre ero agevolato dal fatto che, quando Margherita si infiamma, i suoi occhi diventano grandi come scodelle.

— Giovannino! - urlò Margherita. - Se tu accetti quel danaro sei l'uomo più ab-bietto del creato! Ci accordammo su questa base e non se ne parlò più. Margherita tornò in argomento soltanto la sera dopo.

— Tu devi rifiutare quel danaro — mi spiegò - costi quel che costi. Anche se domani il tuo rifiuto sdegnoso potesse rappresentare agli occhi dei tuoi superiori un atto di ribellione, ciò non ti deve preoccupare, Giovannino. Io sarò sempre al tuo fianco per aiutarti a sopportare le conseguenze del tuo gesto. Questo accadeva il martedì. A mezzogiorno del mercoledì Margherita riprese la discussione.

— Io conosco quella gente - esclamò Margherita. — Gente senza scrupoli, senza cuore: sono capacissimi di licenziarti a causa del tuo rifiuto, di gettarti in mezzo a una strada, di perseguitarti con il loro odio come un sovversivo. Ma la miseria non mi spaventa. Il tuo dovere è quello di rifiutare, Giovannino.

Sul finire del giovedì Margherita sospirò dolorosamente. Accarezzò il capino ric-ciuto della Pasionaria e la criniera di Albertino. — Poveri figli! - sussurrò. - Forse domani non avrete più un tozzo di pane perché tutti negheranno lavoro a quel galantuomo di vostro padre.

Venerdì vacanza e sabato poche ma sentite parole. — Giovannino, io mi rendo perfettamente conto di tutto. So cosa vuol dire questo per un uomo franco e onesto come sei tu. Io sono d'accordo con te che tutto si deve sacrificare all'orgoglio. Tutto meno i figli, però. Tu non puoi, anche per un gesto bello, nobile e virile, esporre i tuoi figli al pericolo della fame. Pensaci Giovannino.

Domenica nuovo programma: - No, Giovannino, essi non debbono aver ragione di noi. Noi non dobbiamo fare il loro gioco: rifiutando tu il premio avrebbero motivo di farti classificare fra i nemici della repubblica, la quale oggi, volenti o nolenti, rappresenta lo Stato, la Nazione, la Patria! Accetta quel danaro, magari ironicamente, sarcasticamente (senza esagerare però). Lo spenderemo con di-sprezzo: sigarette per te, dolci per i bambini. Rinunciò per sé a ogni beneficio e dovetti insistere per indurla ad accettare almeno un boccettino di colonia, o una scatola di cipria.

Il lunedì l'argomento in discussione fu questo: una madre di famiglia avente a carico due figli e un povero diavolo di marito che si scanna per far quadrare il bilancio, ha il diritto di sciupare del danaro per comprarsi cose frivole quali pro-fumi e ciprie? — Il superfluo deve essere bandito e si deve pensare soltanto allo strettamente indispensabile e ciò anche ai fini della ricostruzione. Rinuncio quindi ai profumi: mi accontento delle scarpe estive di cui ho tanto bisogno. Ne ho viste di eccellenti che costano solo tremila lire.

Al martedì rimase sul tappeto l'argomento delle scarpe cui però si aggiunse il pro-blema di una vesticciola di tela necessaria come il pane. Ma la cosa venne risolta con molta facilità: — Il premio è di tremila lire e non si deve spendere un cente-simo di più. A me basta che tu mi faccia avere le tremila lire per le scarpe.

Il mercoledì Margherita mi chiese, con calma, se mi avevano dato le tremila lire.

Il giovedì la domanda mi venne ripetuta con minor calma e si parlò di «queste benedette tremila lire».

Il venerdì Margherita mi comunicò che se io non mi interessavo per sollecitare il premio avrei dovuto aspettarlo un bel pezzo.

Il sabato fui definito «il solito signor Giovannino il quale aspetta che i soldi glieli portino a casa in un vassoio d'argento» mentre la domenica mi addormentavo sotto l'accusa di essere «il solito villanzone il quale, pur di farle un dispetto, ri-nuncia al danaro che tutti gli altri hanno naturalmente già incassato da una setti-mana».

Lunedì silenzio burrascoso. Martedì corsivo del giornale Avanti! con la spiega-zione che di premio della repubblica non si doveva parlare in quanto la repubblica è per i lavoratori un premio per se stessa.

— Benissimo! - gridò Margherita. — Meraviglioso! La repubblica ti ruba tre- mila lire sacrosante e poi si pretenderebbe che noi accettassimo serenamente la repubblica!

Espresse inoltre particolari apprezzamenti sul direttore dell'Avanti!, sul partito so-cialista e sul socialismo in genere con accenni non eccessivamente lusinghieri al partito comunista, alla democrazia cristiana, al fronte dell'uomo qualunque, al blocco della libertà, alla unione democratica nazionale, ai repubblicani storici e al partito d'azione. Arrivando a concludere che, a conti fatti, l'italiano è il popolo peggiore della terra.

Il mercoledì trascorse con cielo coperto, il giovedì ci fu movimento di nubi generi-che, il venerdì ammassamento di nubi temporalesche e il sabato temporale.

— E allora? - gridò improvvisamente Margherita dopo tre giorni di silenzio asso-luto. — È inutile che tu tenti di buttare la cosa in politica. E un vecchio giochetto che troppe volte si è ripetuto in passato per chiudere la bocca ai galantuomini, e che serve oggi soltanto a rivelare la tua radicata mentalità fascista! Se la repub-blica ti dà fastidio perché sei un reazionario, io non c'entro! Vuoi o non vuoi darmi le mie tremila lire?

Io le diedi le tremila lire e così il premio per la repubblica l'ho dovuto pagare io, povero monarchico prestatore d'opera.