MONDO PICCOLO

Il traditore - Giovanni Guareschi

A Peppone stava sullo stomaco Scartazzini, il cascinaio, quello che era passato con Saragat e aveva impiantato una sezione socialista indipendente con gente molto tranquilla, ma che, a pestarla sui calli, si rimboccava le maniche, si sputava sulle mani e dava via sberle maiuscole. Scartazzini poi parlava bene: approfittando delle notti che doveva passare sull'amaca nel porcile quando qualche scrofa doveva figliare, s'era letto un sacco di roba e quando faceva qualche comizio fior di braccianti andavano a sentirlo a bocca aperta. E i braccianti sono quelli che contano, è gente decisa, che al momento buono tira giù. Peppone aveva capito che a usare la violenza sarebbe stato peggio: bisognava lavorare d'astuzia, squalificare Scartazzini.

- Tallonare Scartazzini! - aveva ordinato Peppone. - Voglio sapere anche quantevolte si cambia la maglia.

E la squadra tallonava Scartazzini: e c'era chi lo seguiva ogni volta che si allontanava dal paese, e chi lo spiava quando era in casa. Per un sacco di tempo le relazioni della squadra di sorveglianza furono insignificanti. Ma un giorno il Brusco arrivò con qualcosa di nuovo. Era una cosa gravissima e volle che la sapesse soltanto Peppone. E quando Peppone la seppe fece un urlo di gioia.

- Brusco, sei sicuro?

- Ne rispondo io personalmente.

 

Peppone studiò col Brusco un piano di operazioni: bisognava semplicemente aspettare con estrema calma. E arrivò il momento di agire. Scartazzini annunciò un comizio e Peppone ordinò la mobilitazione generale. Il giorno del comizio la piazza era zeppa: Scartazzini parlava per i braccianti e i giornalieri e ce n'era un sacco, e anche un sacco di donne. Gli uomini di Peppone non apersero bocca: Scartazzini poté parlare in piena tranquillità, ma alla fine saltò su Peppone.

- Abbiamo sentito le parole - urlò Peppone. - Adesso vogliamo vedere i fatti. E prima di tutto vogliamo vedere chi sia questo Scartazzini che ragiona così bene di proletariato, di miseri lavoratori, di Marx, di giustizia sociale. Vogliamo proprio vedere se il signor Scartazzini ha il diritto di chiamare compagni i proletari lavoratori!

Se a qualcuno interessa non farsi ingannare, non ha che da seguirmi! Peppone si incamminò e la folla lo seguì. Giunto davanti al cancello della casa di Scartazzini, Peppone si fermò e si volse.

- Compagni - gridò - la verità è al di là di questo cancello!

Scartazzini si fece largo e venne avanti.

- Io non ho niente da nascondere! La mia è la casa di un galantuomo!

- Lo vedremo! - gridò Peppone varcando il cancello e la massa lo seguì. Giunto davanti alla porta si volse.

- Una commissione venga con me! Una commissione di braccianti, di quei lavoratori che credono alle parole di Scartazzini!

Cinquanta fra uomini e donne si fecero avanti e Peppone entrò. Traversò l'andito, salì deciso la scala.

- Qui - gli disse il Brusco indicandogli una porta.

Peppone si volse verso il gruppo che si pigiava alle sue spalle.

- Attenzione! - gridò. Poi spalancò decisamente la porta.

- Ecco cos'è il compagno Scartazzini! - urlò.

La gente si affacciò e vide un'ampia stanza con le pareti smaltate, una scintillante vasca da bagno, un candido lavandino e una splendente sedietta di porcellana in un angolo. Le donne dei braccianti spalancarono gli occhi.

- Il signor Stoppa, padrone di duemila biolche di terra, il signor dottor professor

Stoppa, dico, se si vuol lavare usa una bigoncia nel suo palazzo. E si accontenta per il resto di uno scalino con un buco e con la sua brava ruota di legno con manico.

Il compagno Scartazzini, il proletario Scartazzini no!

Peppone indicò una grossa scatola cromata appesa alla parete.

- E ha bisogno dello scaldabagno elettrico, il proletario Scartazzini, perché ha la pelle delicata!

Il Brusco tolse dalla mensoletta di cristallo sopra il lavandino una scatola laccata, l'aperse e la fece girare. Le donne e gli uomini fiutarono, cupi in volto.

- Il proletario Scartazzini ha bisogno della polvere profumata per tenersi liscia la pelle! - Peppone si sedette sul coperchio della tazza.

- Ecco - spiegò. - Mentre il popolo soffre, il compagno Scartazzini se ne sta seduto comodamente a pensare ai discorsi che farà ai lavoratori! Mostrò il rotoletto di carta appeso al muro.

- E carta speciale, per proletari! - spiegò Peppone.

Facendosi largo tra la folla entrò la moglie di Scartazzini.

- Cosa fate in casa mia? - gridò.

- Va' a incipriarti il sedere! - le urlò con ferocia una donna.

- Va' via, sporcacciona, che fino a ieri avevi il vaterclò dietro il mucchio del letame!

- le urlò un'altra donna.

- Traditori del popolo! - urlò lo Smilzo.

Poi furono gridate altre cose e ci volle tutta l'autorità di Peppone e dei suoi per impedire che il popolo, scoperto il tradimento, spaccasse tutto. Scartazzini era finito e non ebbe più il coraggio di farsi vedere in giro e i più indignati contro di lui furono proprio i signori del paese, i quali fecero causa comune coi rossi di Peppone, trovando vergognoso che un ignorante che aveva sempre vissuto fra i maiali avesse delle pretese del genere. Don Camillo fece pochi commenti. Disse:

- Questa è la borghesia che sghignazza sugli errori di grammatica di un sindaco operaio; la borghesia che si arroga il privilegio di saper scrivere correttamente ma si limita a scrivere lettere di scusa o lettere anonime. Questa è la borghesia, che si indigna se un allevatore di maiali ha una vasca con scaldabagno; la borghesia che si arroga il privilegio di possedere una stanza da bagno, ma non si lava. Per il resto si limitò a far tallonare Peppone.

- Un uomo che educa le masse presentando uno che ama la pulizia come un traditore del popolo merita una lezione - disse don Camillo. (continua)