MONDO PICCOLO

Guerra a oltranza - Giovanni Guareschi

Don Camillo aveva un chiodo nel cervello: gli era venuta in mente la storia famosa del «cadavere vivente» e si era accorto che c'era qualcosa che non funzionava. Come avevano fatto per esempio gli uomini di Peppone a cavar fuori dal cimitero, senza che nessuno se ne accorgesse, la cassa contenente, al posto del morto, la roba?

Il cimitero serviva per tutto il Comune ed era vasto. Sorgeva fuori dal paese e l'avevano costruito sullo schema consueto: un gran rettangolo di terra chiuso fra quattro corpi di fabbricato che - eccettuato quello dove si apriva il cancello - erano all'esterno nudi e crudi e, di dentro, a grande porticato coi loculi a file sovrapposte. Don Camillo per trovare la soluzione del problema andò a fare il Nat Pinkerton nel cimitero. A metà del porticato di sinistra trovò il loculo famoso che era in seconda fila e portava la sua bella lapide di marmo col finto nome del finto morto. Arrivato davanti al loculo, volse le spalle e camminò diritto attraverso il campo di croci fino a quando arrivò al vialone centrale. Qui si girò verso l'uscita e prese a camminare tranquillamente, contando i passi. Il giorno dopo si infilò nel sentiero che correva rasente al muraglione di sinistra e contò i passi, e quando ne ebbe contati abbastanza si fermò per accendere il mezzo toscano. La muraglia era coperta di robaccia rampicante, ma se qualcuno avesse guardato con attenzione, avrebbe potuto facilmente accorgersi che a circa un metro da terra, nel punto corrispondente al loculo del finto morto, c'era un quadrato di intonaco più chiaro dell'altro. Don Camillo, appunto, guardò con attenzione.

 

 

"Di qui è uscita la roba" borbottò don Camillo. "E da dove esce può anche entrare: i buchi sono benedette faccende che funzionano da tutt'e due le parti." Passando davanti alla stazione dei carabinieri, si fermò a fare quattro chiacchiere con il maresciallo. La notte stessa con molta cautela i carabinieri fecero un buco nella muraglia del cimitero là dove don Camillo aveva notato un intonaco più chiaro, e cavarono fuori dal loculo trentotto mitra, ventitré pistole e una mitragliatrice pesante. Tutta roba in ordine, ingrassata, lubrificata e luccicante da far venire una voglia matta di cominciare la seconda ondata. La storia fece un fracasso del diavolo e ne parlarono anche i giornali grossi, ma nessuno si presentò a reclamare come sua la merce, e la cosa si insabbio perché don Camillo si guardò bene dall'accennare, sia pur vagamente, ai precedenti.

- Quando Dio ti offre un dito, non prendergli la mano! - rispose don Camillo al maresciallo che insisteva per saperne di più. - Si accontenti delle armi!

- Io non posso - protestò il maresciallo. - Adesso che ho trovato le armi devo pur trovare anche il morto al posto del quale sono state messe.

- Non se ne preoccupi troppo, maresciallo - consigliò don Camillo. - L'importante è aver pescato i mitra perché sono i mitra quelli che sparano, mica i morti.

Peppone non fiatò: ma era tranquillo come uno che ha ingoiato un gatto vivo.

- Non può essere stato che lui! - urlava col Brusco. - Nessuno avrebbe potuto pensare di andare a fare un buco nella tomba di un morto se non fosse stato sicuro che dentro la tomba il morto non c'era. Ma la deve pagare, quello là!

Quello là, si capisce, era don Camillo, il quale però si comportò con molta discrezione in tutto l'affare e si limitò a far appiccicare sui muri della Casa del Popolo e dell'officina di Peppone una quarantina di piccoli manifesti a stampa che dicevano:

 

RITROVAMENTO

È stato rinvenuto nei pressi del Cimitero Comunale il cadavere della Seconda Ondata.

Chi lo avesse smarrito si rivolga alla Stazione dei CC.

Cinque giorni dopo il paese si svegliò con i muri tappezzati di grandi cartelli gialli

stampati a enormi lettere:

 

SMARRIMENTO

Sono andati smarriti i sei quintali di generi commestibili e scatolame vario che dieci giorni fa sono stati consegnati dal Comitato Regionale Assistenziale all'arciprete don Camillo perché li distribuisse ai poveri del paese. Se don Camillo avesse ritrovata quella roba è pregato di consegnarla ai legittimi proprietari.

F.to: I poveri del paese. A morte i ladri!

Don Camillo si precipitò urlando dal maresciallo.

- Li denuncio! - gridò. - Li denuncio tutti! Questa è un'infamia!

- Chi denunciate? - si informò il maresciallo. - Il manifesto è firmato «i poveri del paese».

- Ma che poveri del paese! Sono i mascalzoni del paese che hanno fatto questo! È Peppone con la sua banda.

- Può anche darsi: ma fino ad ora lo dite soltanto voi. Ad ogni modo fate la denuncia e poi cominceremo le indagini.

Don Camillo ritornò a casa e, passando per la piazza, si buttò contro il primo manifesto che gli capitò sott'occhio e prese a lacerarlo con rabbia. Passò uno in bicicletta.

- Straccia, straccia pure - gli gridò - la verità trionfa sempre!

- So anch'io che è così grande e grosso - urlò una donna scarmigliata. - Si fa la ciccia rubando la roba della povera gente!

Don Camillo riprese la sua strada e poco dopo incontrò il Filotti.

- Avete visto, signor Filotti? - esclamò indignato don Camillo.

- Ho visto sì - rispose calmo il Filotti. - Ma non dovete inquietarvi: voi avete di sicuro le carte in regola. Io, se fossi in voi, farei dei cartelli con riprodotte le ricevute originali della roba e la distinta delle persone che sono state beneficate.

- Ricevute? E di che roba?

- Di quella del Comitato Regionale Assistenziale.

- Ma io non ho ricevuto niente! - urlò don Camillo. - Non so neanche se esista questo comitato!

- Oh! Possibile?

- Possibile sì! È la pura verità! Io non ho ricevuto niente né adesso né mai!

- Ma no! Pare incredibile che della gente inventi una cosa di questo genere. Ad ogni modo se lo dite voi deve essere così...

Don Camillo proseguì la sua strada e si imbatté nel signor Borghetti il quale si era messo le lorgnette in punta al naso e stava leggendo il famoso manifesto.

- Eh, il mondo è cattivo, don Camillo! - disse il Borghetti scuotendo il capo.

Il vecchio Barchini, il tipografo, era sulla porta della sua bottega.

- Non l'ho stampato io - spiegò subito. - Se lo avessi stampato io ve lo sarei venuto a dire. Di che roba si tratta? E quella che doveva mandare il Vescovo?

Passò il camion di Peppone e in cabina c'era lo Smilzo.

 

- Buon appetito reverendo! - gridò lo Smilzo. E la gente sghignazzò. (continua)