Guerra a oltranza - Giovanni Guareschi
Don Camillo non fece colazione: alle tre stava ancora sdraiato sul suo letto a guardare i travicelli del soffitto. Alle quattro dal sagrato si levò un putiferio infernale ed egli si appressò alla finestra. Il sagrato era pieno di gente e, in prima fila, stavano le donne che urlavano inferocite. Vide tutte facce che non gli erano familiari. Pensò al camion con lo Smilzo.
"Sono andati a raccattare canaglia in tutte le frazioni" si disse don Camillo. "Hanno organizzata la cosa per bene."
- Vogliamo la roba nostra! Abbasso gli sfruttatori del popolo! - urlavano le donne e la ragazzaglia.
Don Camillo si affacciò.
- Non ho niente da dare a nessuno! - gridò. - Perché nessuno mi ha dato niente! È una infame calunnia!
Gli risposero che lo andasse a raccontare al parroco di San Quintino.
- Vogliamo vedere! - urlò una donna mostrandogli i pugni. - Se non hai del malnascosto facci vedere!
La folla si buttò contro la porta della canonica e don Camillo si ritrasse e staccò dal muro la doppietta. Poi la guardò e la buttò sul letto e tornò ad affacciarsi. Era arrivato il maresciallo con tutti e sei i carabinieri e si erano messi davanti alla porta. Ma la gente urlava e pareva imbestialita. Voleva entrare a ogni costo e allora si fece avanti Peppone.
- Fermi tutti! - urlò. - Adesso parlo io.
La gente tacque e Peppone guardò in su.
- Don Camillo - disse - vi parlo come sindaco. Io non faccio discussioni sulla verità o no di quello che è stampato sul manifesto. Io dico semplicemente che il popolo oggi si sente ingannato ed è giustamente esasperato. Quindi se vogliamo evitare spargimento di sangue, voi dovete lasciare che una commissione visiti la canonica. In commissione ci sarò anche io e ci sarà la giunta al completo, e, naturalmente, ci saranno anche in prima fila il signor maresciallo e i suoi carabinieri.
- Bene! - urlò la folla.
Don Camillo scosse il capo.
- Non c'è niente da vedere! A casa mia non entrerà nessuno. Quello che dice il manifesto è tutta una sporca invenzione. Sono pronto a giurarlo sul Vangelo!
- Giuralo sulla credenza dove ci sono i sei quintali di roba nostra! - urlò la folla. - Non ci freghi!
Don Camillo si strinse nelle spalle e fece per ritrarsi, ma la folla impazzita si buttò contro i sei carabinieri che furono rapidamente travolti. Il maresciallo però non era impappinato e, agguantato il mitra, sparò una scarica in aria. Ciò bastò per far indietreggiare di qualche passo la gente e permettere ai carabinieri di raggrupparsi e di mettersi in posizione di difesa.
- Fermi o sono costretto a far uso delle armi! - urlò il maresciallo.
La folla titubò un istante poi avanzò lenta e decisa. I carabinieri impallidirono, strinsero le mascelle e misero il colpo in canna.
La faccenda stava per svoltare nel tragico e don Camillo alzò una mano.
- Fermi! - gridò. - Vengo ad aprire.
Quando spalancò la porta la commissione era già pronta: trenta persone con Peppone, stato maggiore, il maresciallo e quattro carabinieri.
Fu una perquisizione spietata: aprirono tutti i cassetti, tutti gli sportelli, tutte le casse. Picchiarono sui muri, sui pavimenti. Non lasciarono in solaio né in cantina un centimetro quadrato inesplorato. Scandagliarono dentro le damigiane e le botti, su per le cappe dei camini, nella legnaia e nella stalla del cavallo. Ci fosse stato da trovare un ago, l'avrebbero trovato. Invece di roba da mangiare trovarono nella credenza soltanto un filone di pane, tre uova e una crosta di formaggio. E in cantina due salami e due vesciche di strutto appese al soffitto.
Don Camillo, a braccia conserte, assisteva silenzioso e indifferente. Quando ebbero palpati anche i materassi, dissero che volevano vedere pure nel campanile e in chiesa e il maresciallo impallidì. Don Camillo si avviò: guardarono nei confessionali, sotto l'altare, in sagrestia. Non toccarono niente, fecero fare tutto a don Camillo, ma vollero vedere tutto. Scandagliarono per-sino nell'orto.
Non trovarono niente. Alla fine uscirono a testa bassa. Parlottarono un po' con la gente del sagrato, poi il consesso si sciolse in silenzio.
***
Don Camillo non mangiò neanche la sera. Rimase sdraiato sul letto a guardare i travicelli del soffitto, poi, quando non li vide più, andò in chiesa davanti all'altare.
- Vi ringrazio - sussurrò don Camillo. Ma il Cristo non rispose. Allora don Camillo ritornò nella sua stanza che aveva una finestra che dava sul sagrato e una che dava verso i campi, sull'orto. La finestra sull'orto era ancora spalancata e sul davanzale, sul muro esterno, c'erano tre coperte di lana stese fuori fin dal pomeriggio. Ritirò la coperta e, sotto il davanzale, sul muro esterno c'erano tre chiodi e a ogni chiodo era appeso un mitra. Tirò su i mitra e li buttò in un sacco. Poi scese in cantina e tolse dal soffitto le due vesciche di strutto e i due salami. In realtà uno solo dei salami conteneva carne di maiale: l'altro salame e le due vesciche contenevano grasso giallo con dentro pallottole da mitra. Buttò nel sacco il finto salame e le due vesciche di finto strutto. Poi scavalcò la siepe dell'orto e, camminando in mezzo ai campi, raggiunse l'argine e il fiume. Montò su una barca, remò fino al fondone della chiesa sommersa e buttò il sacco nell'acqua. Ritornò in chiesa e si rimise in ginocchio davanti all'altare.
- Vi ringrazio - sussurrò ancora don Camillo. - Vi ringrazio di non aver permesso che quelli trovassero la roba che ho buttato via. Era quella che cercavano. Volevano cavarne uno scandalo. Vi ringrazio non per me, ma perché ne avrebbe avuto danno la Chiesa.
- Sta bene, don Camillo. L'avevo già detto tante volte di buttar via quella roba. Don Camillo sospirò.
- E ora eccomi qui senza più niente, soltanto un vecchio fucile da caccia buono per spaventare le civette. Chi mi difenderà?
- La tua onestà, don Camillo.
- No - rispose don Camillo - e Voi l'avete visto oggi stesso: la mia onestà non mi ha certo difeso. Peppone e i capoccia sapevano il vero scopo della visita, ma gli altri urlavano contro di me perché è bastato un cartello con quattro calunnie stampate per dar loro la sicurezza che io ero un furfante. La mia onestà non mi ha difeso. E non mi difenderà perché essi non sanno che io non ho più le armi, sono sicuri che le ho ancora e, pieni di rabbia per non essere riusciti a trovarle e a svergognarmi, continueranno la loro guerra senza quartiere contro di me. Ma io!...
Don Camillo gonfiò il petto e strinse i pugni enormi. Poi si lasciò andare, curvò la schiena e abbassò la testa.
- Io niente - sospirò. - Oramai la calunnia è lanciata. lo sono «quello che mangia la roba del popolo».
Si allontanò e andò in canonica. Era rimasto, appeso al soffitto della cantina, il salame buono: lo staccò per tagliarsene qualche fetta, ma il coltello incontrò qualcosa di duro. "Ho buttato via il salame buono e mi sono tenuto quello pieno di pallottole" borbottò sorridendo tristemente don Camillo. Andò a gettare nel pozzo nero della stalla il salame minato, tentò di rosicchiare una crosta di formaggio, poi andò a letto e pensò con fastidio che l'indomani avrebbe dovuto riprendere a vivere. Intanto Peppone guardava il buio della sua camera e pensava alla credenza di don Camillo nella quale c'erano soltanto tre uova, un filone di pane e una crosta di formaggio. Si rigirò a lungo nel letto ma poi si ricordò dei due salami della cantina. "Vuol dire che si taglierà qualche fetta di salame" borbottò. E questo lo fece addormentare con la coscienza tranquilla. (Candido n° 7, del 15.2.1948)