MONDO PICCOLO

Girare l'ostacolo

Sotto il porticato del municipio c'era un sacco di gente che aspettava di essere ricevuta dal sindaco e lo Smilzo distribuiva le medagliette ai nuovi arrivati, mentre Fulmine, sulla porta, chiamava i numeri e regolava il traffico.

La gente era nervosa e pestava i piedi e sbraitava perché l'ultimo entrato, il 32, non usciva più, che il diavolo lo fulminasse!

- Di questo passo - gridò una donna - a mezzanotte siamo ancora qui!

- Io credo che sia più facile farsi ricevere dal ministro degli Interni che dal sindaco!

- urlò un'altra.

- E voi allora, perché invece di venire qui non andate dal ministro degli Interni? -

rispose calmo lo Smilzo.

In quel momento arrivò un'automobile che si fermò proprio davanti al portico e ne scese un piccolo vecchio prete imbacuccato fino agli occhi in uno sciarpone nero.

- Di grazia, il signor sindaco riceve? - chiese appressandosi allo Smilzo.

- Sessanta! - gli rispose senza neppure guardarlo in faccia lo Smilzo allungandogli la medaglietta.

- Trentatré! - urlò in quell'istante Fulmine.

Il vecchio prete ringraziò con un piccolo inchino e ritornò a sedersi nell'automobile.

- E intanto che gli altri crepano di freddo lui, poverino, sta col sedere al caldo sui cuscini! - gridò con voce piena di odio una donna.

- Ma a voi cosa ve ne importa? - le rispose uno del gruppo. Se ce l'aveste voi la macchina non fareste forse lo stesso? E poi non vedete che è vecchio come il cucco?

- Anch'io sono vecchia! - gridò una donna dal fondo. - E me ne sto qui da stamattina e dentro la pancia non ho certamente i capponi che ha quello là!

- Finirà! Finirà la cuccagna per i mangiapane a tradimento! - urlarono altri.

Lo Smilzo, il quale oltre che per distribuire le medagliette era lì per difendere i diritti del popolo, intervenne.

 

- Ohei! - gridò rivolto verso la macchina. - Qui è vietata la sosta. Attenzione che se uno viene chiamato il suo numero e non c'è, perde il turno e passa in coda.

E il vecchio prete ridiscese, fece un cenno all'autista che mise in moto la macchina allontanandosi, e venne a mettersi sotto il portico, in fondo alla fila.

- Bene, bravo Smilzo! - borbottarono le donne placate e tutti si disinteressarono del vecchio prete che si era messo lì, col suo bastoncello, al riparo di una colonna e aspettava fermo come una statua.

Passarono dieci minuti e, a un tratto, per la fila corse un nome e tutti di scatto si volsero verso il vecchio prete che aveva allentato lo sciarpone nero che gli copriva mezza la faccia. Stettero lì a guardarlo rimbecilliti per qualche minuto, poi la duplice fila si aperse come se qualcuno avesse dato un ordine.

- Si accomodi, monsignore - balbettò lo Smilzo avvicinandosi con il berretto in mano.

- Grazie, grazie - rispose sorridendo il vecchio Vescovo. - Io ho tempo di aspettare.

Io non ho niente da fare a casa. Facciamo le cose giuste.

- Si accomodi, per favore - insisté lo Smilzo. E il Vescovo passò sorridendo e ringraziando in mezzo alle due file di gente.

Il sindaco Peppone aveva appena liquidato il numero trentatré quando la porta si spalancò e si trovò davanti il Vescovo.

- Sono qui per chiederle se può sacrificare per me qualche minuto del suo prezioso tempo, signor sindaco - disse il Vescovo.

Peppone si riscosse dal suo stupore.

- Eminenza - esclamò - se mi avesse fatto chiamare sarei venuto io da lei.

- No, no - rispose sorridendo il Vescovo. - Non si possono creare interferenze fra autorità ecclesiastica e autorità civile. Quando il signor sindaco ha bisogno del Vescovo, va dal Vescovo. Quando il Vescovo ha bisogno del signor sindaco, va dal sindaco.

Il Vescovo era vecchio come il cucco, la sua voce era sommessa e veniva come da un altro mondo: ma, per sentirla, non occorrevano altoparlanti perché, quando parlava il Vescovo, la gente tratteneva il fiato.

- In questo paese don Camillo ha molti nemici - sospirò il Vescovo - e i peggiori nemici li ha proprio tra coloro che mostrano maggior devozione e sembrano lo specchio dell'onestà, ma nel cuore hanno un nido di serpi. Ed è ben triste che noi, per conoscere il vero, dobbiamo bussare alla porta proprio di chi si professa nostro avversario. Ma noi abbiamo grande stima della sua onestà, signor sindaco, e il vero può uscire solo dalle labbra degli onesti. Noi chiediamo quindi a lei il favore di condurre un'inchiesta per appurare quanto ci sia di vero o di falso nelle accuse rivolte a don Camillo.

Peppone allargò le braccia.

- Una severa inchiesta - disse il Vescovo. - È suo dovere di sindaco e, se la parola non l'offende, di cristiano. Non tema: se don Camillo ha sbagliato pagherà. Ella è autorizzata a interrogare don Camillo e don Camillo sarà da me obbligato a rispondere a ogni sua domanda attinente l'inchiesta. Le sono grato del tempo che lei mi ha dedicato.

In alto, nel muro alle spalle di Peppone, sopra il ritratto di Garibaldi, non c'era più il Crocifisso, ma il Crocifisso aveva lasciato il segno sull'intonaco che, annerito dappertutto, lì era quasi bianco.

- Non c'è, ma c'è - disse sorridendo il Vescovo. - Poi con l'andar del tempo il fumo della stufa annerirà anche lì e non ci sarà più...

Il Vescovo scosse il capo e sospirò dolorosamente.

- Non dovrei dirlo, ma io credo proprio che oramai siamo arrivati alla fine e che il fumo delle fabbriche e delle macchine cancellerà ben presto quel segno dalla faccia della terra. Lei non crede? (continua)